Cambiamento sostenibile: illusione o realtà?

 

In un mondo che cambia con sempre maggiore velocità, si sente parlare frequentemente nelle Aziende di “progetti di trasformazione”.

Prima di tutto vorrei essere chiara: il cambiamento comporta sempre fatica.

Alcuni di noi – pochi in verità – si sentono naturalmente attratti da un contesto in continua evoluzione, altri meno. Comunque sia, per gli uni e per gli altri cambiare comporta una certa fatica per imparare nuovi modi, nuove abitudini, nuove attività e questo richiede un importante sforzo del nostro cervello, in particolare della corteccia prefrontale, coinvolta nell’apprendimento e nell’adattamento. È solo la ripetizione di nuove attività che permette di creare nuove connessioni neurali, fino a farle diventare “nuove abitudini”. Le nuove sfide, le nuove situazioni attivano sempre una risposta a livello cerebrale che costa fatica e consuma energia.

A questo si aggiunge la situazione di inevitabile incertezza che accompagna i momenti di cambiamento. L’incertezza, a livello cerebrale, scatena le reazioni tipiche della paura. E anche questo comporta dispendio di energia supplementare.

Da qui – molto brevemente – il senso di affaticamento fisico e mentale che porta con sé ogni processo di cambiamento.

Per questo motivo ritengo che ragionare in Azienda sulla “sostenibilità del cambiamento” sia divenuto indispensabile e imparare a realizzarla diventa un fattore critico di successo.

Si tratta però di un tema troppo spesso trascurato.

“Quanto le mie Persone saranno in grado di sostenere questa fatica?
Che cosa posso fare per alleggerire questa fatica?
Qual è il “giusto ritmo” che devo imprimere per innestare un cambiamento sostenibile?”

Sono domande che non siamo abituati a porci. Spesso ci rendiamo conto del problema solo dopo aver constatato un drastico aumento del turn over o situazioni individuali di burnout.

In questo contesto, le Aziende eccellenti sono
quelle capaci di pianificare e rendere possibile il cambiamento nel tempo.

L’esperienza sul campo mi ha insegnato che questa capacità verte su alcune dimensioni chiave che permettono di avere dei collaboratori più sereni e meno affaticati:

Affettare i piani

I grandi progetti richiedono grandi piani, che hanno generalmente un orizzonte temporale pluriennale.

Se da un lato è importante portare a bordo i collaboratori condividendo le grandi sfide di medio-lungo termine, altrettanto importante è fare in modo che essi rimangano a bordo senza sentirsi sopraffatti dagli sforzi e dalle difficoltà che le sfide stesse comportano. Per questo è importante rendere gli obiettivi progressivamente raggiungibili.
Partendo dallo stimolo che “l’elefante si mangia a fette” è necessario definire obiettivi e piani strategici ambiziosi, ma al contempo costruire dei piani operativi suddivisi in progetti/sotto progetti e obiettivi di breve termine, con cicli da 1-3 mesi.

Sentirsi “capaci” di raggiungere gli obiettivi, libera energie positive.

 

Concedersi il tempo per un pensiero raffinato

Quando si è super concentrati sul “fare”, il tempo per la riflessione sembra uno spreco.

Un importante manager che ho il piacere di considerare un “maestro” mi ha insegnato, invece, che più si riduce il tempo disponibile, più deve aumentare il tempo dedicato alla riflessione rispetto a quello destinato all’azione. In tal caso, infatti, mancherebbe anche lo spazio per introdurre eventuali azioni correttive ed è quindi indispensabile analizzare ex ante tutti i possibili scenari.

È quello che lui chiamava il “tempo per un pensiero raffinato”: va inserito nelle agende dei collaboratori, per dar loro la possibilità di riflettere sulla qualità dell’azione.

 

Cooperare per ridurre la fatica

L’esperienza mi insegna che le sfide più complesse, anche quelle individuali o quelle che sembrano impossibili, se sono vissute in una sana dinamica di team diventano non solo “alla portata”, ma anche divertenti da raggiungere.

La cooperazione permette di mettere in comune competenze ed esperienze diverse: questo – con una buona organizzazione – può accelerare il processo creativo e anche quello di esecuzione.

Inoltre, le squadre affiatate condividono la responsabilità del risultato, riducendo lo stress e la fatica.

 

Semplificare

Spesso quando siamo concentrati sulle tante cose da fare non ci rendiamo conto che siamo sommersi da mille altre attività che ci distolgono e ci tolgono tempo ed energie, ma ci manca la lucidità di guardarle con spirito critico.

Spesso queste attività sono anche “auto-inflitte”.
Pensiamo al caso di sfidanti obiettivi commerciali: la tentazione di rendere settimanale il meeting di avanzamento mensile è molto alto. Presi dall’ansia del risultato, chiediamo ai collaboratori report sempre più dettagliati, che richiedono adeguata preparazione e così il loro focus si sposta inesorabilmente dal mercato / cliente agli avanzamenti interni.

Le Aziende eccellenti si impegnano per rendere più efficienti anche queste attività, semplificando, eliminando gli “sprechi” e permettendo ai collaboratori di concentrarsi al massimo su quelle ad alto valore aggiunto.

 

Celebrare i successi

Studi scientifici dimostrano che le esperienze e le emozioni positive stimolano il rilascio dei cosiddetti “ormoni del benessere”, ovvero neurotrasmettitori della felicità associati alla regolazione dell’umore, al senso di benessere e alla riduzione dell’ansia.

Quando si raggiungono degli obiettivi, è fondamentale trovare il modo e il momento di riconoscere questi successi e in qualche modo “celebrarli”, oltre che riflettere sugli apprendimenti acquisiti.

Chiudere un ciclo con successo è rigenerante e libera energia positiva, di cui la nostra mente ed il nostro fisico hanno bisogno. È come una sorsata di acqua di fonte quando si sta percorrendo un sentiero in salita.

 

Introdurre ritualità di disconnessione

Se le moderne tecnologie ci permettono di essere costantemente aggiornati su quel che accade in Azienda, il rischio – che oramai è una realtà – è che non ci sia più uno spazio protetto in cui smettere di pensare ai problemi aziendali.

Inoltre, i migliori collaboratori sono spesso considerati tali e riconosciuti pubblicamente proprio per il loro senso di responsabilità e la loro affidabilità. Questo può generare un meccanismo perverso, difficile da spezzare. È invece fondamentale che questi collaboratori possano essere sempre massimamente ingaggiati e mentalmente lucidi per gestire al meglio le situazioni.

Le Aziende che tutelano la vita privata dei propri collaboratori, “impongono” ritualità di disconnessione, affinché – chiudendo telefoni e device – recuperino spazi per sé, per i propri passatempi, per la famiglia e migliorino la qualità del tempo legato alle attività aziendali.

 

 

Nella mia esperienza ho conosciuto poche Aziende che hanno saputo lavorare su alcune di queste dimensioni, ma mai nessuna in modo strutturato e sinergico, al fine di rendere l’intera organizzazione “ready to change”.

Certo è che le Aziende “in trasformazione” devono quanto prima iniziare a pensare di rendere sostenibile per le proprie Persone il cambiamento. Far loro vivere esperienze ed emozioni positive migliorerà la loro salute fisica, alimenterà la fiducia e la connessione sociale, li renderà più energici, motivati e attivi.

Non si tratta solo di una scelta etica: è una scelta strategica.

 

Sull’autore Paola Bertorelle

Partner GMA Consulting, nel quotidiano integra le sue due anime: la sensibilità della coach, capace di ascoltare in modo autentico le Persone, e il rigore dell'ingegnere, che si avvale di un approccio numerico e strutturato nell’analisi e risoluzione dei problemi.